mercoledì 4 novembre 2009

L'Italia e l'incredibile paura del comunismo


In Italia si grida (ormai da anni) al comunismo con terrore, come se gli italiani lo conoscessero. Come se l'avessero davvero subito. Come se fosse stato esso, invece del fascismo, a trascinarci tutti in un abisso della civiltà. Come se esso non fosse, in definitiva, semplicemente il sogno dell'uguaglianza tra gli uomini, della buona vita per tutti, di ...un uomo nuovo, libero, pensante. Quanta ignoranza, e quanta ipocrisia. Si grida “comunista!” come per insultare. Anzi: con l’intento esplicito di insultare, di additare come sovversivo, diverso, attaccabrighe, ribelle, rivoluzionario. Ma quali qualità ci sono nell’uomo veramente libero se non la ribellione, la diversità, la voglia di cambiamento, d’innovazione, appunto: di libertà. E’, in definitiva, come voler insultare qualcuno gridandogli addosso: uomo libero! Vergognati! Pensatore! Altruista! Tutti insulti, per l’Italia del 2009, in cui tutti sognano d’essere dei piccoli Berlsuconi...o almeno suoi piccoli insignificanti accoliti. E lasciamo perdere tutte le baggianate che si continuano a dire, prendendo come esempi di comunismo alcune realtà non certo felici in cui si è tentato di applicarlo, di metterlo in pratica, naturalmente senza successo. Il comunismo non esiste in pratica. E’ impensabile metterlo in pratica. Un ideale perde molto del suo valore e della sua purezza, se a metterlo in pratica sono gli uomini. Ed impensabile praticarlo soprattutto per uno stato come l’Italia, bigotto, campanilista, secessionista, camorrista. Il comunismo è un’utopia. Una meravigliosa utopia. Non si può insultare un utopia, che in fondo è un sogno. Non si può insultare un sogno. Non si può tirare giù, sul piano del reale, insabbiandolo, un sogno. Io sono comunista, in quanto sogno l’uguaglianza tra gli uomini, essendo pienamente cosciente dell’impossibilità di metterla in pratica. Può forse qualcuno insultarmi per questo? E’ più cristiano il mio comunismo che marxista, è più spirituale che economico, è più poetico che pratico:

« Or tutti coloro che credevano stavano insieme ed avevano ogni cosa in comune. E vendevano i poderi e i beni e li distribuivano a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. E perseveravano con una sola mente tutti i giorni nel tempio e rompendo il pane di casa in casa, prendevano il cibo insieme con gioia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. »

(Atti degli Apostoli, 2,44-47)


E’ più vicino a questo, il mio ideale di comunismo...

Come si fa a svilire, ad insultare un ideale che si limita a reclamare tutto il bene del mondo per tutta l’umanità, senza alcuna distinzione, di alcun tipo? Insultare il comunismo significa insultare ed incutere il timore di qualcosa che nessuno conosce. E che fa paura, proprio in quanto sconosciuta. Perché nei sussidiari si studiano soltanto i crimini del comunismo? E non gli ideali che ne sono alla base, e che sono, bisogna ammetterlo, ben diversi dagli quelli di emarginazione, repulsione, repressione caratteristici di quasi tutte le dottrine destrorse degli ultimi secoli.

Chiamatemi comunista, e vi risponderò: sì, lo ammetto, sono libero. Tu chi sei?



Giovanni Semeraro

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