venerdì 28 maggio 2010

La voce contro. L'iPad del regresso

Share/Bookmark

Mai come adesso serviva un diversivo per distrarre le menti dei giovani, e non solo, italioti (un mix tra italiani e idioti, nessuno si offenda) e quello è finalmente arrivato: il caro iPad.
Tanto se n'è parlato e tanto si è creata quella curiosità per la "cosa nuova" che a nessuno è venuto in mente quanto quello sia inutile. Anzi, ad una cosa serve in realtà: far regredire il progresso tecno-sociale delle macchine elettroniche.
L'utilizzatore medio dell'iPad ha nell'ordine:
- un iPod (e chi non ce l'ha, a parte me)
- uno o piu telefoni cellulari (o perchè no un iPhone)
- un notebook (magari il super leggero della "grande mela morsicata")

Ora, la domanda è una sola: ci serviva davvero uno strumento che non fa nè piu nè meno (qualcosa in meno si) di quello che fanno altri di cui si ha già disposizione?
No. Non ci serviva proprio.

Punto uno: La conversione della cultura interattiva nella cultura di "audience".
L'iPad ci trasforma tutti in "quelli che fanno zapping davanti alla tv", funziona per applicazioni e a meno che non si entri in Internet, non c'è interattività.
E questo spiega perchè i media, gli editori, stanno investendo su questo strumento, restituendoci un tempo che ormai abbiamo consumato. Non c'è innovazione nelle proposte: per esempio Repubblica offre "la copia cartacea" del suo giornale; non è questo che serve a risollevare il giornalismo!!!
E' uno strumento destinato al conumo, non c'è creazione o reazione o interazione: molte applicazioni si presentano peggio che se fruite sul web.
La progettazione hardware manca di elementi di democratica creazione, come può esserlo la macchina fotografica. Mancano porte usb, quindi il trasferimento di contenuti deve fare altri giri, meno semplici e intuitivi. Questa scelta, sia chiaro, è voluta da Jobs: "non si vuole sostituire il computer dell'Apple". Allora cosa si vuole fare? Cos'è l'iPad?
Non è un computer.
Non è un e-book (per fortuna altri lo fanno meglio)
Non è un telefono
Non è una tv, o una iPod...

E' un cavallo di troia che non ci porta ad abbattere le mura della "città della comunicazione di massa" ma ci porta dentro di se direttamente in quella città e dopo saremo così assuefatti che non sapremo combatterla. Il telecomando, il videoregistratore, il mouse ecc... ci hanno insegnato a controllare il bombardamento informativo, ora torniamo indietro.

Punto due: Il costo. Forse è questione banale ma non troppo. Da tempo sento dire troppe persone che "non ho soldi, non arrivo alla fine del mese...eccetera eccetera". Oggi c'è una fila lunghissima all'Apple Store. Ora, questa me la si deve spiegare perchè io da sola non ci arrivo.

So che gli italiani, amano la moda, amano avere l'ultimo modello di tutto e anche se non possono permetterselo, sono disposti a sacrificare tutto.
Però d'ora in poi imparerò a giudicare (proprio così) una persona dalla tecnologia che usa.

Punto tre: ci sono cose piu importanti a cui pensare. Un giornale che va su iPad non ha vinto la sua battaglia di "libertà di stampa" o non è uscito dalla crisi del giornalismo.
Un cittadino che compra un iPad non si è liberato dall'immenso macigno che si porta sulle spalle...



Antonella Semeraro
Laureanda in comunicazione digitale e odia l'iPad.




giovedì 28 gennaio 2010

Non ci sono più i giovani di una volta

Share/Bookmark

Azienda cerca giovane account con almeno 6 anni di esperienza da inserire come stagista nell'area vendite.
Agenzia nazionale dei giovani cerca "giovane comunicatore" con 7 anni di esperienza nella PA.
Ufficio marketing cerca "giovane laureato" con almeno 5 anni di esperienza nel settore.
...
Quanti di questi annunci leggiamo ogni giorno? Tanti, troppi, e mai a nessuno è venuto di chiedersi "Ma la parola giovane cosa significa per la nuova visione del lavoro?"

Analizzando gli esempi sopra citati, per non parlare di altri, ci si rende conto che il "giovane" in questione, deve:
- essere laureato specializzato (27 anni in media, dato che l'università con i suoi tempi non ti consente una laurea nei tempi previsti per il 3+2)
- avere esperienza nel settore (almeno 5, nella migliore delle ipotesi, anche 10)
- essere disposto allo stage sottopagato o non pagato di almeno 1 anno con proroga, per iniziare la sua carriera professionale
-fare un secondo stage di un altro anno perchè l'azienda del primo stage ti ha mandato a casa quando gli hai detto di volere almeno un rimborso spese di 500 euro per comprare da mangiare.
-fare "la gavetta"

Facendo due calcoli, il giovane in questione ha un contratto a tempo indeterminato, o a progetto (se ti va bene) all'età di 35 anni.
Ed ecco perchè "un giovane imprenditore" ha 45 anni, un "giovane politico" ha almeno 35 anni, un "giovane insegnante" ne ha 38 e "giovane medico" ne ha 45.
Un 23enne è un...è solo un 23enne.

Ora, sappiamo che l'età media della vita si è allungata e che si è giovani anche a 70 anni ma (anzi MA) un ragazzo di 23/24 anni che ha deciso di inziare a lavorare, cosa fa? chi è? che opportunità ha?
Le risposte sono semplici: niente, nessuno, nessuna.

L'adolescenza era "l'età di mezzo", ora adolescente sei considerato fino a 30 anni. Troppo grande per stare a casa, troppo piccolo per lavorare.

Io ho 25 anni, sono laureata (quasi specializzata) e non sono ancora "giovane" per lavorare.


Antonella Semeraro