venerdì 28 maggio 2010

La voce contro. L'iPad del regresso

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Mai come adesso serviva un diversivo per distrarre le menti dei giovani, e non solo, italioti (un mix tra italiani e idioti, nessuno si offenda) e quello è finalmente arrivato: il caro iPad.
Tanto se n'è parlato e tanto si è creata quella curiosità per la "cosa nuova" che a nessuno è venuto in mente quanto quello sia inutile. Anzi, ad una cosa serve in realtà: far regredire il progresso tecno-sociale delle macchine elettroniche.
L'utilizzatore medio dell'iPad ha nell'ordine:
- un iPod (e chi non ce l'ha, a parte me)
- uno o piu telefoni cellulari (o perchè no un iPhone)
- un notebook (magari il super leggero della "grande mela morsicata")

Ora, la domanda è una sola: ci serviva davvero uno strumento che non fa nè piu nè meno (qualcosa in meno si) di quello che fanno altri di cui si ha già disposizione?
No. Non ci serviva proprio.

Punto uno: La conversione della cultura interattiva nella cultura di "audience".
L'iPad ci trasforma tutti in "quelli che fanno zapping davanti alla tv", funziona per applicazioni e a meno che non si entri in Internet, non c'è interattività.
E questo spiega perchè i media, gli editori, stanno investendo su questo strumento, restituendoci un tempo che ormai abbiamo consumato. Non c'è innovazione nelle proposte: per esempio Repubblica offre "la copia cartacea" del suo giornale; non è questo che serve a risollevare il giornalismo!!!
E' uno strumento destinato al conumo, non c'è creazione o reazione o interazione: molte applicazioni si presentano peggio che se fruite sul web.
La progettazione hardware manca di elementi di democratica creazione, come può esserlo la macchina fotografica. Mancano porte usb, quindi il trasferimento di contenuti deve fare altri giri, meno semplici e intuitivi. Questa scelta, sia chiaro, è voluta da Jobs: "non si vuole sostituire il computer dell'Apple". Allora cosa si vuole fare? Cos'è l'iPad?
Non è un computer.
Non è un e-book (per fortuna altri lo fanno meglio)
Non è un telefono
Non è una tv, o una iPod...

E' un cavallo di troia che non ci porta ad abbattere le mura della "città della comunicazione di massa" ma ci porta dentro di se direttamente in quella città e dopo saremo così assuefatti che non sapremo combatterla. Il telecomando, il videoregistratore, il mouse ecc... ci hanno insegnato a controllare il bombardamento informativo, ora torniamo indietro.

Punto due: Il costo. Forse è questione banale ma non troppo. Da tempo sento dire troppe persone che "non ho soldi, non arrivo alla fine del mese...eccetera eccetera". Oggi c'è una fila lunghissima all'Apple Store. Ora, questa me la si deve spiegare perchè io da sola non ci arrivo.

So che gli italiani, amano la moda, amano avere l'ultimo modello di tutto e anche se non possono permetterselo, sono disposti a sacrificare tutto.
Però d'ora in poi imparerò a giudicare (proprio così) una persona dalla tecnologia che usa.

Punto tre: ci sono cose piu importanti a cui pensare. Un giornale che va su iPad non ha vinto la sua battaglia di "libertà di stampa" o non è uscito dalla crisi del giornalismo.
Un cittadino che compra un iPad non si è liberato dall'immenso macigno che si porta sulle spalle...



Antonella Semeraro
Laureanda in comunicazione digitale e odia l'iPad.




giovedì 28 gennaio 2010

Non ci sono più i giovani di una volta

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Azienda cerca giovane account con almeno 6 anni di esperienza da inserire come stagista nell'area vendite.
Agenzia nazionale dei giovani cerca "giovane comunicatore" con 7 anni di esperienza nella PA.
Ufficio marketing cerca "giovane laureato" con almeno 5 anni di esperienza nel settore.
...
Quanti di questi annunci leggiamo ogni giorno? Tanti, troppi, e mai a nessuno è venuto di chiedersi "Ma la parola giovane cosa significa per la nuova visione del lavoro?"

Analizzando gli esempi sopra citati, per non parlare di altri, ci si rende conto che il "giovane" in questione, deve:
- essere laureato specializzato (27 anni in media, dato che l'università con i suoi tempi non ti consente una laurea nei tempi previsti per il 3+2)
- avere esperienza nel settore (almeno 5, nella migliore delle ipotesi, anche 10)
- essere disposto allo stage sottopagato o non pagato di almeno 1 anno con proroga, per iniziare la sua carriera professionale
-fare un secondo stage di un altro anno perchè l'azienda del primo stage ti ha mandato a casa quando gli hai detto di volere almeno un rimborso spese di 500 euro per comprare da mangiare.
-fare "la gavetta"

Facendo due calcoli, il giovane in questione ha un contratto a tempo indeterminato, o a progetto (se ti va bene) all'età di 35 anni.
Ed ecco perchè "un giovane imprenditore" ha 45 anni, un "giovane politico" ha almeno 35 anni, un "giovane insegnante" ne ha 38 e "giovane medico" ne ha 45.
Un 23enne è un...è solo un 23enne.

Ora, sappiamo che l'età media della vita si è allungata e che si è giovani anche a 70 anni ma (anzi MA) un ragazzo di 23/24 anni che ha deciso di inziare a lavorare, cosa fa? chi è? che opportunità ha?
Le risposte sono semplici: niente, nessuno, nessuna.

L'adolescenza era "l'età di mezzo", ora adolescente sei considerato fino a 30 anni. Troppo grande per stare a casa, troppo piccolo per lavorare.

Io ho 25 anni, sono laureata (quasi specializzata) e non sono ancora "giovane" per lavorare.


Antonella Semeraro






venerdì 18 dicembre 2009

Il grande bluff, quando la marmellata di ciliegie macchia il viso di Berlusconi, ma non la camicia.

Devo dire la verità: un po’ ho esultato, domenica sera, quando un amico mi ha comunicato che qualcuno aveva spaccato la faccia a Berlusconi. Avevamo bicchieri di vino in mano. Abbiamo brindato, alla sua faccia.

Dopo solo cinque minuti, avevo già dimenticato tutto. Mi era passata la tensione, l’eccitazione dell’attentato. Sono tornato a suonare e cantare con i miei amici. Non ne abbiamo neanche parlato più. Forse, inconsciamente, stavo già sviluppando l’ipotesi del falso. Ed il fatto, in quanto falso, non mi stimolava già più.
Oggi ne sono quasi sicuro: l’aggressione a Berlusconi da parte di un certo Tartaglia è un gigantesco bluff. Non è una notizia. E’ una mia opinione. E’ però anche l’opinione di tanti..

http://radiofrance-blogs.com/eric-valmir/

http://metilparaben.blogspot.com/2009/12/berlusconi-aggredito-qualcuno-dice-che.html

http://civati.splinder.com/post/21894242#21894242

http://www.youtube.com/watch?v=wUhVUBuj5RI&feature=related

http://aceontheriver.splinder.com/post/21879844/L%27aggressione+a+Berlusconi+%C3%A8

http://eretici.blogspot.com/2009/12/berlusconi-aggressione-vera-o-tutta-una.html

Tralascerò l’analisi di molte osservazioni fatte dai diversi blogger che ho postato qui su, invitandovi a leggervele tutte con calma, per soffermarmi solo su un punto e su una foto (tratta da Repubblica:

Adesso non so se a qualcuno di voi è mai capitato di vedere qualcuno a cui è stato rotto il naso, a cui sono stati spaccati i denti, a cui è stato sfregiato, ammaccato il volto. Non so se è capitato a voi stessi di farvi male e di perdere sangue. A me si. E posso dire che in nessuno di questi casi ho avuto l’impressione che anziché sangue dalle ferite fuoriuscisse marmellata di ciliegie. Quella stessa marmellata rossa e densa che invece sembra materializzarsi per magia sul viso di Berlusconi una volta entrato in macchina. Io so solo che quando nel naso si rompe anche solo una venuzza il sangue COLA, COLA, COLA. In un flusso che almeno per 5 minuti non si può arrestare. Bisogna piegare la testa indietro, mettere i fazzoletti nelle narici, pregare i santi. E bisogna soprattutto rassegnarsi ad imbrattarsi bocca, mento, mani, giacca, camicia. Inoltre, anche i tagli sulle labbra e sul viso sono noti per essere vere fontanelle di sangue che non si coagula così velocemente. Niente di tutto ciò succede a Berlusconi, che nonostante si dice abbia il naso rotto non perde neanche una goccia di sangue dalle narici, e che ha sul viso, dopo un minuto dall’aggressione, il sangue ben coagulato in inverosimili goccioloni che sembrano spruzzati alla rinfusa sul suo viso. La tesi dello spruzzo è avvalorata dal fotogramma pubblicato più in alto (la cui attendibilità ci viene dal fatto che è stata pubblicata su un giornale dell'importanza di Repubblica) che mostra una mano con un aggeggio metallico rivolto proprio verso il viso di Berlusconi sporco di sangue. Fossi un bambino di 5 anni, mi giocherei l'album delle figurine che si tratta di uno spruzzatore di sangue professionale di quelli che utilizzano nelle soap di canale 5.

Io spero sinceramente che la mia paura venga presto sfatata, ma nello stesso tempo devo dire che credo profondamente nella possibilità che un personaggio come Berlusconi, con lo staff ed i mezzi che ha a disposizione, ha di organizzare una messa in scena del genere. Come qualcuno dice, c’è troppa gente lì intorno, e se la montatura c’è, prima o poi verrà fuori. Prima o poi qualcuno parlerà. Spero prima, e non tra qualche anno, quando magari potremmo perfino riderci su.

Giovanni Semeraro


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mercoledì 16 dicembre 2009

Non parliamo di Berlusconi.

Son passati tre giorni dallo sfortunato evento che ha colpito (è il caso di dirlo) il Presidente del Consiglio e fare il punto sulle questioni dimenticate è importante.
Procediamo per elenco (U.Eco ci ha scritto un libro su "La Vertigine della lista")

-Questione Alitalia. Ve la ricordate? E' quella compagnia che qualche mese fa era in fallimento, quella compagnia che ha licenziato piu di 17000 persone. Quella che ha fatto lo spot con Raul Bova vinto (senza gara) da un'agenzia di comunicazione chissà in che modo...
Bene, com'è finita la questione? I Tg non ne parlano più eppure non si parlava d'altro: "se non lo vedo non esiste".
Non va bene!, uomini e donne hanno subito una grossa ingiustizia ma noi ci occupiamo solo del pezzo (d)uomo.
Torniamo ad occuparci di noi e come dice uno slogan dei manifestanti Alitalia "oggi a noi domani a voi".
E infatti...

- Licenziamenti da Fiat,
- Licenziamenti da Poste Italiane
- Licenziamenti (anche se la Gelmini non vuole chiamarli cosi) nelle scuole: ci sono insegnati, supplenti costretti al lavoro in nero dentro le proprie case: dare ripetizioni per dare continuità agli studenti che vedono ogni anno (o sei mesi) cambiare il proprio insegnante.
...per non parlare delle università.
- Ferrovie dello Stato che pur di non rimborsare i biglietti per i ritardi alza i livelli di orario-rimborso (oltre i 60 minuti... senza distinzione per l'alta velocità)
- Bankitalia che afferma che le famiglie italiane sono sempre più povere
- I beni confiscati alle mafie, il Governo ha deciso che torneranno alle mafie.

e questo solo per assaggio...

Tutto questo lo subiremo noi, ragazzi e ragazze della "nuova generazione", 25-30-35 anni.
Dimentichiamo troppo spesso che i leader oggi presenti hanno in media 60 anni (alcuni piu di 70) e presto andranno via lasciandoci in eredità un'Italia monca, malmessa, in coma irreversibile.
Non possiamo far finta di nulla, non possiamo far finta che "è colpa loro". Ci siamo noi e ci sono loro, e noi siamo quelli che votano loro.

Pensiamoci.

A.Semeraro

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venerdì 4 dicembre 2009

La Francia e l'Identità nazionale

E' curioso notare come coloro che si interrogano più spesso sulla propria identità nazionale/locale siano quelli che l'hanno già persa da un pezzo, dai "padani" di Bossi agli austriaci di Haider. In Francia il dibattito in questo periodo è apertissimo, e, come sempre, a venir fuori è sempre il peggio. Anche se, come sempre, dal peggio qualche cosa di vero la si può tirar fuori.

Sul sito del ministero dell'immigrazione francese è comparso da qualche giorno questo blog, che mira a raccogliere i pareri dei francesi su cosa significhi per loro "essere francesi", ed oggi "Le Monde" pubblica alcuni dei post più scottanti. Tra cui:

"La Francia è divenuta una colonia africana in modo irrimediabile"

"In passato la Francia aveva delle colonie, ora è colonizzata"

"Nessun francese ha chiesto di essere invaso di stranieri"

"Essere francesi significa essere nati in Francia, da genitori francesi anch'essi nati in Francia".

"Come si può definirsi francesi e volersi far seppellire nel proprio paese d'origine?"

Insomma, opinioni un po' dure, ma che per chi ha vissuto per un po' nella zona parigina o in città come Marsiglia possono contenere dei nuclei di verità.

E' vero, per esempio, che alcune città della periferia Parigina sono ormai diventate delle vere "colonie" africane, con tanto di sub-identità nazionale, nel senso che si ritrovano immigrati provenienti dallo stesso paese d'origine, che vanno a formare una sorta di nazione nella nazione. In zone come queste, è facile che il razzismo sia "al contrario". Un bianco diventa praticamente invisibile o malvisto agli occhi della comunità. Se una ragazza bianca si mette con un "black", la famiglia di lui la prende come un offesa, avendo già promesso in tenera età il proprio pargolo ad una donna proveniente dallo stesso villaggio d'origine, e spesso residente ancora in Africa. Ho constatato con mano come l'integrazione sia davvero molto lontana dal compiersi, e si riduca spesso al solo diritto di scolarizzazione e di riscossione di (abbondanti) aiuti statali per disoccupati e indigenti.

Ciò che non sopportano i francesi, insomma, è a mio parere che molti immigrati chiedano di diventare francesi solo per aver diritto ad aiuti statali, svolgendo invece una vita pubblica e privata che di francese ha ben poco, essendo ancora saldamente legata ad usi, costumi, religione propri dei loro paesi d'origine. E che spessissimo sono in netto contrasto con lo spirito di laicità, libertà e uguaglianza tanto cari da sempre (o meglio, dalla rivoluzione in poi) ai francesi.

E' vero anche però, che se i francesi oggi possono sentirsi liberi o moderni, è anche grazie alle enormi ricchezze ereditate da una lunghissima storia coloniale terminata solo da pochi anni. E grazie anche ai milioni di lavoratori stranieri (tra cui italiani, portoghesi, magrebini, africani) che a partire da fine '800 la Francia l'hanno costruita, letteralmente, fisicamente, artisticamente, arricchendola con le loro mille culture, le loro mille tradizioni, le loro mille idee.

Detto questo, la mia non vuol'essere una critica verso un'immigrazione che non sa adattarsi allo spirito ed ai valori francesi del ventunesimo secolo. Trovo invece assurdo cercare, alle soglie del 2010, uno spirito di "identità nazionale" che fa parte a mio parere ormai di una vecchia concezione di stato, di nazione. Soprattutto per un paese, come la Francia, che da tempo ha accettato una visione ed un'organizzazione di vita cosmopolita, metropolitana, moderna.

In Italia, siamo messi forse anche peggio, visto che molti di noi italiani stiamo rivendicando delle micro-identità regionali, che ci allontanano ancora di più da una concezione del mondo come apertura, come movimento di uomini e di idee.

Giovanni Semeraro


mercoledì 2 dicembre 2009

Non ho i soldi del biglietto

Voglio riportare una lettera scritta su L'Unità oggi di Francesca Fornario.
Credo sia il riassunto perfetto di tutto quel che è successo nel mese di Novembre e non ha bisogno di altre parole.


"Figlio mio, hai finito l’università, sei stato bravo, per questo ti parlo con amarezza.
Non andare all’estero.
Resta in Italia, dove ci sono così tanti nuovi filoni d’inchiesta che Alfano ha dovuto rivedere le stime del Processo Breve: bloccherà il 9 per cento dei processi, perché l’uno per cento non era abbastanza per mettere al riparo Berlusconi. Resta qui dove la Lega vuole mettere la croce sul tricolore, tranne Bossi che preferisce mettere il tricolore sulla croce. Resta qui dove i tg omettono
la notizia dei pentiti che inguaiano Berlusconi perché il Governo ha approvato il «Telegiornale Breve» (ora dura appena due conati di vomito). Resta in Italia dove per fare carriera devi vincere il concorso esterno in associazione mafiosa. Dove chi ci governa pensa solo a salvare Berlusconi dai processi (Bonaiuti non esce più la sera perché sta lavorando a unapozione per renderloinvisibile). Resta in Italia, dove Berlusconi affronta i problemi negandone l’esistenza:
«La crisi? Non c’è! La Mafia? Non c’è! La spaccatura nella maggioranza? Non c’è!» e teme gli avvisi di garanzia:
«Toc-toc! Houn avviso di garanzia per il signor Berlusconi», e lui: «Berlusconi? Non c’è!».
Resta qui, dove Berlusconi vuole strozzare chi ha scritto La Piovra perché non ci sono abbastanza
ruoli femminili. Resta con Berlusconi, che per fondare Forza Italia ha chiesto aiuto agli imprenditori sotto forma di spot a Mediaset e a D’Alema sotto forma di opposizione. Resta qui, con Livia Turco che spiega chenonandrà in piazza perché Berlusconi vuole trasformare tutto in un referendum contro di lui (furbo: conta sul fatto che con il Pd non si raggiunge mai il quorum).
Resta qui con Rosi Bindi che dice che se non fosse presidente del Pd andrebbe al No-B-Day. Mi piace Rosi Bindi. Se non fosse presidente del Pd la voterei. Resta qui dove c’è una tale crisi che gli unici che hanno lavoro sono gli avvocati di Berlusconi.
Figlio mio, so già che midirai: «Voglio andare all’estero», ma io ti dico resta: non ho i soldi del biglietto."

martedì 10 novembre 2009

Informazione per menti semplici... ovvero: per una nuova e assurda propaganda

Per molti versi ci siamo già piombati in una nuova dittatura. Ormai parlare di triste presagio, di oscura possibilità, di timori, è inutile. Ci siamo ricaduti e ci troviamo nel bel mezzo di una nuova, meschina, orrenda dittatura, fatta di proclama, di richiami all'ordine, di mangiacarte, di azzeccagarbugli. Di una propaganda che solo agli occhi dei proni al regime appare come informazione, e che solo ai - purtroppo troppo pochi - liberi pensatori appare come assolutamente ridicola, bizzarra, grottesca, come bizzarri e grotteschi appaiono i personaggi che se ne fanno portavoce. E come non pensare immediatamente a colui che maggiormente si è esposto a questo pericoloso gioco di regime, gioco che prevede una mente nascosta nei suoi palazzi a scrivere discorsi che poi saranno letti da un capo pelato e chino in prima serata televisiva. Come non pensare al povero Minzolini, che di certo sarà ricordato come il peggior direttore, giornalista e uomo che la storia e la preistoria d'Italia abbiano mai avuto.



L'ultimo suo editoriale è qualcosa di peggio che un cinegiornale di regime. E' la cronaca rivista e corretta da menti sopraffine ad uso e consumo di un popolino da cenette in famiglia che assorbe, assorbe, e digerisce insieme alla zuppa calda le tiepide frasette ben agghindate e mal biascicate da un omino magrolino che al posto della testa sembra avere un culetto tondo tondo di bambino. Per questo se vogliamo più credibile, meno insopportabile agli occhi della casalinga di Voghera che un Santoro spettinato e mal sbarbato, grosso e dal faccione sempre un po' corrucciato, sempre incazzato.
Il senso di impotenza che ho provato nel guardare quest'ultimo triste filmato, piccolo spaccato di vita quotidiana vissuto nel mio paese, dalla mia mamma intenta a preparare la focaccia, dai miei nonni seduti l'uno difronte all'altro a giocare a scopa con la televisione accesa, è indescrivibile. Da lontano poi (vivo in Francia) è ancora più deprimente. Davvero ho avuto la sensazione - che è la stessa credo che possono avere degli emigrati portoricani negli Stati Uniti - di provenire da un paese piccolo piccolo, retrogrado, povero, ignorante, gretto, in cui un signor nessuno può permettersi la sera di comparire in televisione e di dire "convincetevene, è come dico io. E basta". Il peggio che poteva capitare a noi italiani, come a tutti i poveracci di questo mondo, è di amare alla follia la nostra gente ed il nostro paese, arrivando ad abbassarsi ed accettare certi soprusi in nome di una convivenza tranquilla, pacata, come dire...civile (anche se ho dei dubbi sull'utilizzo di questo termine riguardo all'Italia ed agli italiani). E', purtroppo, anche quello che capita a me, che nonostante tutto non riesco a detestare il mio paese e che cerco di riconquistarlo al più presto. Ma qualcosa bisogna fare. Qualcosa che non siano solo intenzioni e parole...

Cronaca tragicomica della quasi-fine di un sogno...


I giornali francesi riportano la notizia del ritrovamento di gran parte del bottino rubato (insieme a tutto il furgone portavalori) nei giorni scorsi nei pressi di Lyon. Si suppone che il ladro sia il conducente stesso (supposizione tutta da verificare) del furgone portavalori, dato che è stato lui ad aver mollato i suoi due colleghi in mezzo alla strada fuggendo col furgone carico di più di 11 milioni di euro.
Sfortunatamente, il ladro è un francese e non un napoetano, ed invece di inviare il bottino chissà dove e chissà con quali mezzi, ha affittato un box sotto falso nome (almeno questo!) a pochi metri dal luogo del furto, ci ha lasciato 10 milioni, e poi è scappato, facendo trovare il furgone vuoto più o meno a 10 metri dal box, diciamo sulla rampa del garage.
Gli astuti poliziotti francesi ci hanno messo solo due o tre giorni per ritrovare il bottino!
La sua compagna - naturalmente scaricata a dovere a causa probabilmente dei progetti brasiliani di "Tony l'escamouteur" (Tony l'illusionista) - dice che non riesce a crederci che abbia fatto questo un uomo che non fumava e non beveva.

Ora è ricercato per furto, con l'aggravante della premeditazione, visto che prima di rubare aveva effettivamente pensato di rubare, e visto che il furto lo aveva davvero organizzato. Pensate che all'arrivo della polizia a casa sua ha trovato l'appartamento vuoto! Lui, stranamente non c'era, ed oltre alle sedie ed alle tende, s'era portato via anche le tre o quattro scatolette di paté che, da buon francese, sicuramente aveva nel frigo.

La natura ci sta chiedendo il conto

Il terremoto, le frane in calabria ed in sicilia, gli allagamenti di questi giorni:
la natura ci sta chiedendo il conto.

mercoledì 4 novembre 2009

L'Italia e l'incredibile paura del comunismo


In Italia si grida (ormai da anni) al comunismo con terrore, come se gli italiani lo conoscessero. Come se l'avessero davvero subito. Come se fosse stato esso, invece del fascismo, a trascinarci tutti in un abisso della civiltà. Come se esso non fosse, in definitiva, semplicemente il sogno dell'uguaglianza tra gli uomini, della buona vita per tutti, di ...un uomo nuovo, libero, pensante. Quanta ignoranza, e quanta ipocrisia. Si grida “comunista!” come per insultare. Anzi: con l’intento esplicito di insultare, di additare come sovversivo, diverso, attaccabrighe, ribelle, rivoluzionario. Ma quali qualità ci sono nell’uomo veramente libero se non la ribellione, la diversità, la voglia di cambiamento, d’innovazione, appunto: di libertà. E’, in definitiva, come voler insultare qualcuno gridandogli addosso: uomo libero! Vergognati! Pensatore! Altruista! Tutti insulti, per l’Italia del 2009, in cui tutti sognano d’essere dei piccoli Berlsuconi...o almeno suoi piccoli insignificanti accoliti. E lasciamo perdere tutte le baggianate che si continuano a dire, prendendo come esempi di comunismo alcune realtà non certo felici in cui si è tentato di applicarlo, di metterlo in pratica, naturalmente senza successo. Il comunismo non esiste in pratica. E’ impensabile metterlo in pratica. Un ideale perde molto del suo valore e della sua purezza, se a metterlo in pratica sono gli uomini. Ed impensabile praticarlo soprattutto per uno stato come l’Italia, bigotto, campanilista, secessionista, camorrista. Il comunismo è un’utopia. Una meravigliosa utopia. Non si può insultare un utopia, che in fondo è un sogno. Non si può insultare un sogno. Non si può tirare giù, sul piano del reale, insabbiandolo, un sogno. Io sono comunista, in quanto sogno l’uguaglianza tra gli uomini, essendo pienamente cosciente dell’impossibilità di metterla in pratica. Può forse qualcuno insultarmi per questo? E’ più cristiano il mio comunismo che marxista, è più spirituale che economico, è più poetico che pratico:

« Or tutti coloro che credevano stavano insieme ed avevano ogni cosa in comune. E vendevano i poderi e i beni e li distribuivano a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. E perseveravano con una sola mente tutti i giorni nel tempio e rompendo il pane di casa in casa, prendevano il cibo insieme con gioia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. »

(Atti degli Apostoli, 2,44-47)


E’ più vicino a questo, il mio ideale di comunismo...

Come si fa a svilire, ad insultare un ideale che si limita a reclamare tutto il bene del mondo per tutta l’umanità, senza alcuna distinzione, di alcun tipo? Insultare il comunismo significa insultare ed incutere il timore di qualcosa che nessuno conosce. E che fa paura, proprio in quanto sconosciuta. Perché nei sussidiari si studiano soltanto i crimini del comunismo? E non gli ideali che ne sono alla base, e che sono, bisogna ammetterlo, ben diversi dagli quelli di emarginazione, repulsione, repressione caratteristici di quasi tutte le dottrine destrorse degli ultimi secoli.

Chiamatemi comunista, e vi risponderò: sì, lo ammetto, sono libero. Tu chi sei?



Giovanni Semeraro